Due passi tratti dai consigli che il dottor Schreber rivolgeva agli educatori nel 1858 possono servire a illustrare in che modo si svolga di solito questo processo:
Quali primi cimenti in cui devono farsi valere i princìpi educativi spirituali vanno considerati i capricci dei più piccini che si annunciano con urla e pianti immotivati (…) Se si è convinti che non ci siano bisogni reali, condizioni disturbanti o dolorose, o malattie, si può star certi che gli strilli sono la pura e semplice espressione di un capriccio, di un ghiribizzo, la prima apparizione della volontà individuale. Ora non è più possibile comportarsi come all’inizio limitandosi a sorvegliare il bambino, ma bisogna procedere in modo un poco più positivo: mediante rapida distrazione dell’attenzione, parole severe, gesti minacciosi, colpi contro il letto… o quando tutto ciò non sia più possibile mediante moderati avvertimenti corporali, segnati da brevi pause e ripetuti uniformemente fintanto che il bambino non si acquieti o si addormenti (…)
Un tale procedimento è necessario soltanto una o al massimo due volte, dopodiché si sarà padroni del bambino per sempre. D’ora innanzi uno sguardo, una parola, un solo gesto di minaccia saranno sufficienti a dominare il bambino. Ci si dovrebbe ricordare che cosi si fa al bambino il massimo favore in quanto gli si evitano molte ore di tensione che gli impediscono di crescere bene e inoltre lo si libera da tutti quei tormentosi spiriti interni che molto facilmente col passar del tempo possono trasformarsi decisamente in più seri e insormontabili nemici della vita. (Cit. in Schatzman, 1973, pp. 37 sg.).
dal libro “La persecuzione del bambino” (Alice Miller) (1987), pag. 25.