Buongiorno
Io mi domando in verità, che facevamo
noi due prima di amarci?
Eravamo ancora bambini?
E godevamo di piaceri ingenui, infantilmente?
O sognavamo nell’antro dei sette dormienti?
Fu così. Ma questi non erano che ombre di piaceri.
Se mai bellezza vidi,
che io desiderassi e avessi
altro non fu che un sogno della tua.
Ora buongiorno alle anime nostre che si destano,
che non si spiano l’un l’altra per timore;
perché l’amore limita ogni altro amore
e una piccola stanza diventa un universo.
Lascia che scoprano nuovi mondi
gli esploratori marini,
che mondi e mondi le mappe abbiano ad altri mostrato:
a noi basta un mondo,
che ciascun ne abbia uno
e uno solo sia.
Negli occhi tuoi il mio volto,
il tuo nei miei compare,
e cuori puri e semplici i volti manifestano
dove troveranno due emisferi migliori di questi
senza pungente Nord, senza Occidente il declino?
Ciò che muore non fu perfettamente fuso
se i nostri umori uno soltanto fossero
e tu ed io
così egualmente amassimo, da non mostrar difetto,
allora non saremmo
Le mani si stringono alle mani
e gli occhi indugiano negli occhi:
così comincia la storia
dei nostri cuori.
È la notte della luna serena,
nell’aria profuma di zagare;
il mio flauto giace per terra
e la tua ghirlanda di fiori
è ancora incompiuta.
Questo amore fra me e te
è semplice come una canzone.
Il tuo velo color di nube
inventa i miei occhi, la corona
di gelsomini che intrecci
mi commuove come una carezza.
È un gioco di dare e trattenere
di svelare e di nuovo velare;
di sorrisi e di timidezze
e di dolci inutili lotte.
(John Donne (Londra 1572 – 1631))