Non comprate fringuelli!

NON COMPRATE FRINGUELLI!

Pochi sanno quali sono gli animali che si possono allevare in casa facilmente e con soddisfazione. Molti amici della natura continuano a prendersi in casa nuovi animali e sempre di nuovo falliscono nel tentativo di tenerli, o perché non si servono di metodi adeguati o perché non scelgono bene l’animale. E purtroppo la maggior parte dei nostri commercianti di animali non sa valutare correttamente il compratore e non lo consiglia bene nella scelta.

Prima di tutto bisogna avere le idee chiare su di un punto: in generale si è indotti a prendere in casa un animale da quell’antichissima nostalgia che spinge l’uomo civilizzato verso il paradiso perduto della natura allo stato selvaggio, quella stessa nostalgia che indusse Kipling a scrivere i suoi Libri della giungla. Ora è vero che ogni animale costituisce un pezzetto di natura, ma non ogni animale è adatto a rappresentare la natura in casa vostra. Gli animali che non dovete comprare si possono distinguere in due grandi categorie: quelli che non potrebbero vivere con voi, e quelli con i quali voi non potreste vivere. Al primo gruppo appartengono tutti gli animali molto sensibili, difficili da curare e da mantenere in buona salute; al secondo gruppo appartengono moltissimi altri animali, e alcuni ne ho menzionati nel capitolo Quando gli animali combinano guai. Gran parte delle bestiole in vendita nei nostri negozi rientra in una di queste due categorie; e le altre, quelle che non sono troppo sensibili e che non danno troppo ai nervi, sono in gran maggioranza così noiose da non ripagare il prezzo che costano e la fatica di custodirle. Proprio i soliti animali domestici cari agli adulti e ai bambini, come i pesci rossi, le tartarughe, i canarini, i porcellini d’India, i pappagalli, i gatti d’angora, i cagnolini da salotto e via dicendo, sono bestie decisamente noiose e insulse, che offrono ben poche di quelle soddisfazioni su cui queste pagine cercano di attirare l’attenzione. Quando si vuole comprare un animale, sulla scelta devono pesare diversi fattori: in primo luogo bisogna sapere ciò che si desidera e ci si aspetta dall’animale stesso; in secondo luogo bisogna tener conto del tempo e delle cure che si è disposti a dedicargli quotidianamente, della minore o maggior resistenza dei nostri nervi ai rumori, del numero di ore che si devono trascorrere fuori casa, e di altre cose del genere.

Che cosa dunque desiderate? Volete portarvi a casa un pezzetto di natura genuina che vi ricordi continuamente come il mondo non consista soltanto di asfalto, di calcestruzzo e di fili elettrici? Volete riempire qualche decimetro quadrato del vostro campo visivo con una cosa che non provenga dalle mani dell’uomo?

Se i vostri occhi anelano soltanto a una piccola chiazza di rigogliosa verzura naturale e alla bellezza delle creature viventi, comprate un acquario; se volete animare piacevolmente la vostra abitazione compratevi degli uccellini: non immaginate neppure quale senso di calore e di intimità si sprigiona da una grossa gabbia che alberghi una coppia di ciuffolotti felicemente assortita. […].

Se invece siete un solitario che desidera un contatto personale, se volete avere in casa qualcuno che si rallegri quando rientrate, allora procuratevi un cane. Non crediate che sia crudele tenere un cane in un appartamento cittadino: la sua felicità dipende soprattutto dal tempo che potete trascorrere con lui, dal numero di volte che vi può accompagnare nelle vostre uscite; al cane non importa nulla aspettare per ore e ore davanti alla porta del vostro studio, se poi ne avrà in premio dieci minuti di passeggiata al vostro fianco. Per il cane l’amicizia personale è tutto. Ricordate però che in questo modo vi assumete un impegno tutt’altro che lieve, perché dopo è impossibile rompere l’amicizia con un cane fedele, e darlo via equivale a un omicidio. E, se siete una persona molto sensibile, tenete anche presente che il vostro amico ha la vita assai più corta di voi, e che dopo dieci o quindici anni ci sarà inevitabilmente un triste distacco.

Se tutte queste cose vi preoccupano troppo, potrete trovare molte altre creature, intellettualmente meno elevate, meno simili all’uomo, e quindi molto meno impegnative sotto vari aspetti, sulle quali riversare il vostro affetto: per esempio lo storno, il più facile da allevare tra tutti gli uccelli nostrani. Un mio amico soleva chiamarlo con eccezionale perspicacia «il cane del povero diavolo», e questa sua definizione è perfettamente indovinata. Con il cane egli ha comunque in comune una caratteristica, quella che non lo si può comprare «bell’e fatto». È assai difficile che un cane comprato in età adulta divenga veramente il vostro cane, come è difficile che vostro figlio divenga veramente vostro se voi, genitori ricchi, lo affidate alle cure di una persona prezzolata come la balia, la bambinaia, l’istitutrice o il precettore. È l’intimo contatto personale quello che conta, e anche nel caso dello storno dovete essere voi stessi a nutrire e pulire il piccino, se vorrete poi possedere un uccello veramente affezionato. […].

Se anche uno storno è per voi «troppo impegnativo», perché ha bisogno comunque di una gabbia piuttosto grossa, e desiderate un uccellino più piccolo che soddisfi il vostro bisogno di un «contatto personale» con esigenze ancor minori quanto allo spazio, al tempo e alle fatiche da dedicargli, vorrei consigliarvi un lucherino, l’unico uccello piccolo, per quanto io ne sappia, che anche se catturato in età matura non solo si può addomesticare ma anche si affeziona veramente all’uomo. Certo anche altri uccelli piccoli possono perfettamente «addomesticarsi», nel senso che imparano a non temere la persona che li custodisce, che vengono a posarsi sulla sua testa e sulle sue spalle, e accorrono senza timori a beccare una ghiottoneria dalle sue stesse mani. Con il pettirosso, ad esempio, a questa docilità si giunge in un tempo brevissimo. Ma se si impara a scrutare più profondamente l’anima dell’animale, e ci si abitua a non proiettare più in lui i nostri sentimenti, convinti che esso debba amare il suo padrone perché questi ama lui, alla fine negli occhi scuri e fiabeschi del pettirosso non si scorgerà altro che la domanda assai prosaica: «Me lo danno sì o no questo benedetto verme?». Invece il lucherino è un erbivoro, mangia tutto il giorno, e non ha mai veramente fame, e quindi per lui il problema del cibo riveste un interesse assai minore che non per un insettivoro. Il verme che avete in mano costituisce per un pettirosso un oggetto di attrazione assai più intensa che non il seme di canapa per il lucherino. Quindi, in condizioni analoghe, un pettirosso appena catturato o appena comprato verrà a beccare dalla vostra mano prima di un lucherino, e sarà anche più facile abituarlo ad avvicinarsi spontaneamente al suo padrone, mentre il lucherino, cui occorrono alcuni mesi per raggiungere questo stadio, poi non lo farà più per amore del cibo, ma della compagnia. Questa «dimestichezza socievole» per noi uomini ha molto più valore che non la dimestichezza affamata assai «materialistica» del pettirosso. Il lucherino, animale socievole, è capace di un attaccamento personale per il suo padrone, mentre al pettirosso, animale non socievole, manca semplicemente l’organo per stabilire un tale rapporto. Naturalmente vi sono anche molti altri uccelli socievoli che trasferiscono sull’uomo i loro impulsi sociali, e che, se presi da giovani, possono stabilire con l’uomo un contatto assai stretto. […].

Ho parlato prima dell’acquario, del ciuffolotto, dello storno, e del lucherino perché, pur ripagandoci delle cure loro prestate, tutti questi animali hanno pretese assai modeste. Però se si è disposti a dedicar loro più tempo, si troveranno decine di animali che ci ripagano altrettanto bene. Voglio comunque darvi un buon consiglio: se siete principianti, limitatevi all’inizio a creature facili da custodire, che non richiedono troppe cure per mantenersi sane anche in stato di cattività.

Quando parlo di animali «facili da custodire» non mi riferisco affatto alla loro «capacità di resistenza» o «di durata». Con la parola «custodire» applicata a una creatura vivente noi intendiamo in senso scientifico il tentativo di farle svolgere davanti ai nostri occhi tutto il suo ciclo vitale in stato di più o meno rigida cattività. Erroneamente però si considerano di solito facili da custodire degli animali che in realtà hanno soltanto una vita molto prolungata e che, per dirla crudamente, ci mettono molto a morire. L’esempio classico di un tale animale apparentemente facile da custodire, ma che in realtà è solo molto longevo ed ha esigenze tutt’altro che modeste, è la testuggine greca. Nelle condizioni di vita che le infliggono di solito i padroni inesperti le occorrono tre, quattro o più anni per giungere a una morte totale e irrevocabile, ma in senso proprio essa incomincia a morire fin dal primo giorno che ve la prendete in casa. Per allevare le tartarughe in modo che crescano, prosperino, amino e si riproducano, si devono offrir loro condizioni di vita difficili o impossibili a realizzarsi nella maggior parte dei nostri appartamenti di città. E, per quanto ne so, nessuno nel nostro clima ha mai veramente allevato questi animali.

Se entro nella stanza di un amico delle piante e vedo che tutti i suoi vegetali sono floridi e rigogliosi, so di aver trovato un’anima gemella. Io non sopporto a nessun costo nella mia stanza delle piante che muoiono, anche se lentamente. La modesta aspidistra, il rigoglioso ficus, il simpatico tiglio da camera mi rallegrano con la loro inequivocabile salute, mentre anche i più begli esemplari di rododendro o di ciclamino, in vaso, che invece di crescere diventano sempre più piccoli e stenti, portano nella mia camera il soffio della putrefazione. Non posso sopportare neppure i fiori tagliati e votati a una rapida morte, ma essi comunque mi disturbano sempre meno di quella lunga agonia.

[…]

Ecco ora un altro consiglio buono e solo apparentemente ovvio: lasciate perdere gli animali ammalati. Catturate o comprate solo uccelli sani, prendendoli dal nido o facendoveli regalare da una persona che se ne intende, e non aspettate che vi portino per caso un uccellino caduto dal nido, una cerbiatta che ha perso la mamma, o uno scoiattolo orfano. Queste creature, capitate per caso in mani umane, nella gran maggioranza hanno già in sé il germe della morte, o sono talmente debilitate che solo un esperto veterinario è in grado di salvarle. In genere, spendete un po’ di fatica e di denaro per procacciarvi il vostro animaletto: vi frutterà poi al cento per cento. Insistete tranquillamente per ottenere la bestiola che avevate deciso di comprare, non lasciatevi abbindolare se il venditore vi vuol far credere che un tordo non è meno simpatico e meno addomesticabile di uno storno; ma se per caso vi viene offerto un animale, sia esso uccello o mammifero, veramente domestico, un animale cioè che è stato allevato dall’uomo fin dall’infanzia o che si trova da molto tempo in stato di cattività, allora non perdete l’occasione, anche se la bestiola vi costa quattro o cinque volte di più che uno spaurito esemplare selvatico della stessa specie.

Un fattore che le persone che abitano in città e lavorano dovrebbero sempre tener presente è l’orario: quello proprio e quello dell’animale. Se si deve uscire di casa all’alba per andare al lavoro e si rientra solo dopo il tramonto, e se nei giorni festivi si vogliono far delle gite fuori città, non si ricaverà molta gioia da un uccello canoro, e la coscienza di aver bene provveduto all’animale prima di uscire di casa, il sapere che ora probabilmente esso sta cantando a squarciagola, sarà per noi una ben magra soddisfazione. Se invece, tenendo conto di queste circostanze, vi siete presi una coppia di divertenti assioli, una civetta domestica, un qualche grazioso piccolo mammifero o qualunque altro animale notturno, che si alza e incomincia la sua giornata proprio quando voi rincasate dal lavoro, ne potrete ricavare una grande gioia. I piccoli mammiferi sono immeritatamente trascurati dagli amici degli animali, perché in generale è piuttosto difficile procurarseli. A parte i topi e i ratti domestici, in un negozio si può comprare con una certa facilità solo l’altrettanto domestico e quindi assai poco interessante porcellino d’India. Da poco tempo c’è un’altra specie di roditori allevata in grande abbondanza e quindi facilmente disponibile nei negozi, una specie che posso caldamente raccomandare per allietare le ore serali, quando si è stanchi e non ci si sente in vena di occupazioni intellettuali elevate: il criceto dorato. Mentre scrivo queste righe, in una grossa cesta accanto alla mia scrivania si svolge una buffissima lotta fra sei piccoli criceti di tre settimane irresistibilmente graziosi, grandi non più di un topolino, tondi e grassottelli, che rotolano su se stessi con alte strida fingendo di morsicarsi ferocemente a vicenda, inseguendosi per tutta la cesta con balzi selvaggi, e finendo poi sempre per cadere, inabili e goffi come sono ancora. Non conosco alcun roditore che sappia giocare in modo così «intelligente», proprio come fanno i cani e i gatti, ed è consolante avere in stanza delle creature così sfrenatamente allegre e che sanno manifestare con tanta buffa grazia la loro allegria.

Credo che il buon Dio abbia creato il criceto dorato per la gioia dei poveri amici degli animali che vivono in città, o per lo meno ha riunito in questo suo piccolo capolavoro tutte le qualità più gradevoli di un animale domestico, evitando con cura quelle spiacevoli. Il criceto non morde, o comunque morde meno di un porcellino d’India o di un coniglio. Le madri con figli assai piccoli vanno trattate con una certa prudenza, ma solo nelle prossime vicinanze della prole, e a un metro dalla loro cuccia si possono tranquillamente prendere in mano. Come sarebbe piacevole tenere in casa uno scoiattolo, se non volesse arrampicarsi dappertutto e lasciar le tracce dei suoi denti sopra ogni oggetto morsicabile! Il criceto invece non si arrampica, e morde così poco che lo si può tranquillamente lasciar correre per la stanza senza che commetta alcun guaio.

Inoltre ha un aspetto proprio graziosissimo, con la testa grossa, i grandi occhi che guardano il mondo in modo tanto intelligente e che lo fanno sembrare assai più intelligente di quanto non sia in realtà, e la sua pelliccetta di un gusto splendido, eppure allegra di colori nei suoi disegni neri, bianchi e dorati. Ma soprattutto il suo modo di muoversi è talmente buffo e carino che provoca continue e cordiali risate quando esso avanza frettolosamente sulle sue corte zampette, come se fosse spinto da dietro, o quando improvvisamente si rizza come un piccolo palo conficcato per terra, per spiare un pericolo immaginario con le orecchie tese e gli occhi ancor più grandi del solito.

[…]

Io, quando voglio, sono capace di custodire animali assai difficili e bisognosi di cure molto delicate, in modo che tutto il loro ciclo vitale si svolga in casa mia, davanti ai miei occhi; e solo chi è riuscito ad allevare in camera i basettini (o qualcosa di simile) è autorizzato a sorridere dei miei semplici criceti e del grande diletto che ne ricavo. Ma probabilmente costui ne saprebbe abbastanza per non sorriderne più.

Come sempre accade a chi è molto abile in una certa attività, anche l’allevatore di animali può essere solleticato dall’idea di cimentarsi in un’impresa solo per il gusto di superare una difficoltà. Per il vero conoscitore questi virtuosismi hanno un grande valore tecnico, ma il principiante deve tener presente che troppo spesso un tentativo del genere si riduce semplicemente a una tortura per l’animale. I tentativi di tenere in condizioni innaturali animali molto sensibili trovano giustificazione solo nella ricerca scientifica, e se intrapresi a scopo puramente dilettantesco hanno sempre un qualcosa di dubbio dal punto di vista morale. […].

Una delle cose che mettono i nervi a dura prova è l’uccello che svolazza per paura. Per esempio, avete comprato un fringuello, bello e dalla voce piacevole, e, poiché desiderate non solo sentirlo ma anche vederlo, rimovete la fodera di tela di cui il precedente possessore, buon conoscitore degli uccelli, aveva circondato la gabbia. L’uccello non mostra di accorgersi della cosa e continua tranquillamente a cantare però soltanto se voi non vi muovete: dovete muovervi molto lentamente e con circospezione, se non volete che l’uccello si scagli selvaggiamente, con tutte le sue forze, contro le sbarre della gabbia, tanto da far temere per la sua testa e le sue penne. E non pensate che poi si calmerà, che si lascerà addomesticare; scrive Brehm: «Si evitino i movimenti vivaci». Ora, la Vita degli animali del Brehm è uno dei più splendidi libri da biblioteca familiare, un libro che non ha pari in altre lingue, ma quando vi consiglia gli uccelli da prendere in casa, esso è del tutto inattendibile. […]. Ma sapete che cosa significa dover evitare per settimane e settimane ogni movimento brusco nella propria camera? Vi rendete conto di quel che vuol dire non potersi azzardare a spostare una sedia, perché altrimenti una stupida bestia si rovinerebbe le penne del capo, spuntate di fresco? A ogni minimo movimento vi precipitate alla gabbia dei fringuelli, spaventatissimi all’idea che ricominci il loro dannato svolazzare.

Il Brehm non menziona neppure la funesta circostanza che molti uccelli all’epoca delle migrazioni svolazzano durante la notte. Anche se la gabbia ha il solito tetto morbido, e quindi il suo inquilino non può veramente farsi male, questo suo svolazzare notturno è pur sempre assai sgradevole non solo per l’animale, ma anche per l’uomo che dorme nella stessa camera. […].

Non potrò mai fare abbastanza presente a un amatore principiante il pericolo di sottovalutare l’intensità del canto di un uccello, che all’aria aperta sembra così dolce e grazioso. Quando un merlo o un usignolo maschio cominciano a cantare a squarciagola in casa vostra, i vetri delle finestre letteralmente tremano, e sulla tavola il vasellame si mette piano piano a ballare. […].

Ma non c’è nulla che esasperi i nervi come un animale che soffre, e già solo per questa ragione, anche se non vi fossero motivi morali più elevati, si deve caldamente raccomandare di comprare in un primo tempo solo gli animali facili da mantenere in buona salute. Avere in casa un pappagallo tubercolotico è un po’ come avere un membro della famiglia moribondo; e se nonostante tutte le precauzioni un animale si ammalasse di un morbo inguaribile, non negategli quell’atto di misericordia che un medico non può praticare ai pazienti umani in circostanze simili.

In tutte le creature viventi la capacità di soffrire è direttamente proporzionale al loro livello nella scala evolutiva, e ciò vale soprattutto per le sofferenze psichiche. Un animale meno intelligente, come l’usignolo, il silvide o il criceto, in condizioni di severa prigionia soffre assai meno di una creatura più evoluta, come un corvide, un pappagallo grande o anche una mangosta, per tacere poi dei lemuri o delle scimmie. Per imparare a conoscere veramente bene un animale intelligente, di tanto in tanto lo si deve lasciare libero. A una considerazione superficiale sembrerebbe che non ci sia alcuna fondamentale differenza fra una prigionia permanente e una prigionia con poche occasionali vacanze dalla gabbia, e invece ciò ha un’importanza incalcolabile per il benessere psichico della creatura: rispetto alla prigionia permanente c’è la stessa incommensurabile differenza che passa fra la vita di un operaio, che è sempre «incatenato» al proprio lavoro, e la vita di un carcerato.

[…]

[…]

Quando siedo alla scrivania per lavorare, tutti gli animali che strisciano sulla terra o che volano per l’aria devono essere rinchiusi in gabbia; e proprio le creature più intelligenti, quelle che maggiormente apprezzano una sortita, si possono assai bene abituare a ritornare in gabbia su vostro ordine (tutte, a esclusione della mangosta). […].

Da questo punto di vista l’animale più torturante è stata la mia cagna da guardia Tito. Tito era uno di quei cani esageratamente fedeli che non hanno assolutamente una propria esistenza privata, ma vivono solo per il loro padrone e assieme a lui. Se ne stava accucciata accanto a me, anche quando io rimanevo alla scrivania per ore e ore, e, avendo di gran lunga troppo tatto per mettersi a guaire o per attirare l’attenzione in altro modo, si limitava a guardarmi! Quello sguardo dei suoi occhi ambrati, in cui si leggeva soltanto una domanda: «Quando, quando ti deciderai una buona volta a venir fuori con me?», quello sguardo mi tormentava come un rimorso di coscienza e, anche se io bandivo l’animale dalla camera, lo sguardo penetrava facilmente attraverso il grosso muro, perché sapevo che lei era lì davanti alla porta di casa, con i suoi occhi ambrati costantemente fissi alla maniglia della mia porta.

Rileggendo ora questo capitolo, e soprattutto le ultime pagine, temo di aver forse esageratamente accentuato gli aspetti negativi che comporta la cura di un animale, distogliendovi dall’idea di comprarne uno. Non fraintendetemi: se ho insistito nello sconsigliarvi gli animali che non si devono comprare, l’ho fatto soltanto perché temevo che una delusione e un’esperienza snervante con la vostra prima bestiolina potessero per sempre disgustarvi e distogliervi da questo nobilissimo hobby, il più bello e istruttivo di tutti. Io mi sento molto seriamente impegnato a risvegliare in quanti più uomini possibile una profonda comprensione e venerazione per le meraviglie della natura, e aspiro fanaticamente a farmi dei proseliti. E se qualcuno che mi abbia seguito pazientemente attraverso queste pagine si lascerà indurre a farsi un acquario o a prendersi in casa una coppia di criceti, avrò probabilmente conquistato un fedele adepto alla buona causa.

(Konrad Lorenz) – “L’Anello di re Salomone”

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