I non amati pensano che tutto il mondo li abbia abbandonati e non sanno che si sono abbandonati da se (…..) La continua adesione al destino familiare e l’inibizione dell’amore di sé portano all’abbandono, quello stesso abbandono che già nell’infanzia aveva tormentato i non amati. Non appena comprendiamo che il punto cruciale sta nell’abbandono e nella separazione della propria essenza, e non nell’essere abbandonati dagli altri, cominciamo a modificare il nostro modo di vedere. Guardiamo più verso l’interno che verso l’esterno; ci aspettiamo meno attenzione e aiuto dall’esterno e ci accontentiamo di rimuovere gli ostacoli che ci impediscono di amarci e autoguarirci. Non più fissati sul mondo esterno, ma orientati verso l’interno sentiamo un’impulso che proviene da dentro più che da una pressione dal fuori. Non cerchiamo più le risorse altrui, ma diventiamo noi stessi la fonte della nostra vitalità. Non viviamo più la solitudine come abbandono, ma come origine della nostra capacità di amare (…..); La solitudine che libera e unisce, quella che io chiamo “Solitudine fondamentale” in quanto porta alla maturazione e allo sviluppo della nostra personalità, se lo sappiamo mettere a frutto. Il vostro cattivo amore per voi stessi fa della vostra solitudine una prigione. Le persone che non si sopportano e soccombono all’apatia e all’inquietudine non appena rimangono sole, le persone che non si piacciono abbastanza per sentirsi bene in compagnia di se stesse, sono prigioniere della mancanza dell’amore di se. Intimamente vagano per il mondo alla ricerca di qualcuno che abbia la chiave per aprire la loro prigione dall’esterno. Cercano nuovi amici, nuovi analisti, nuove guide ideologiche, maestri, guru, lama che svelino loro il segreto della parola magica e li liberino dall’isolamento. Ma la porta della prigione si apre soltanto dall’interno, e loro stessi sono la chiave che può aprire quella porta. La liberazione della prigionia nell’Io inizia con l’amore di sé.
Testo tratto da PETER SCHLLENBAUM