LEOPARDI E LA GINESTRA

Ogni giorno che passa l’uomo scivola sempre più nell’abisso del male: quotidianamente i media ci informano di stragi familiari, violenze su minori, truffe e organizzazioni criminali che rovinano la vita a decine di persone, guerre dettate dall’odio razziale e dalla sete di potere…

Quel che più mi stupisce è che a furia di sentire tali notizie che dovrebbero sempre, e sottolineo sempre,indignarci, restiamo indifferenti, come se tutto quell’orrore facesse ormai parte della nostra quotidianità.

Ma come è possibile che l’uomo sia caduto così in basso? Sono molti quelli che accusano la società: ma essa non è forse un’istituzione dell’uomo composta da uomini? L’unica risposta che mi viene in mente è che forse la natura umana è questa: essere vili, meschini, egoisti, bugiardi e violenti, come sostennero alcuni intellettuali di epoche passate, etichettati come misantropi e mai presi sul serio.

Ai danni che l’uomo arreca a se stesso si aggiungono quelli provocati dalla natura, ma a questi disastri tutti cercano di trovare una spiegazione, magari trascurando il fatto che possano essere derivati dall’incuria che l’uomo ha del pianeta su cui vive.

È sbalorditivo: non solo ci uccidiamo tra noi, ma violentiamo anche laTerra e gli esseri che la popolano e cerchiamo anche di giustificare queste azioni!

Anziché curare e rispettare il luogo in cui viviamo, lo sfruttiamo fino alla fine e quando esso non può darci più niente cambiamo posto, senza pensare che prima o poi non ci rimarrà più nulla: la Terra non è infinita!

Tuttavia, in mezzo a questo marasma, un messaggio di speranza e solidarietà ci viene dal poeta definito “pessimista” per eccellenza, Giacomo Leopardi, ed è contenuto nella sua poesia – testamento “La Ginestra”.

Composta nel 1836 a Torre del Greco, dove il poeta s’era rifugiato per sfuggire al colera che stava mietendo vittime a Napoli, è un’analisi concreta e disincantata della condizione umana in 317 versi.

Leopardi, si sa, non era un sostenitore della bontà e della perfezione dell’uomo e non esaltava certo le sue capacità: ciononostante ha voluto lanciare un appello prima di morire:

“Uomini, unitevi, solo così potrete dire di aver impiegato la vostra vita nel modo giusto”.

La lunga poesia si apre con la presentazione di due paesaggi desolati: quello delle falde del Vesuvio e quello della campagna romana.

Il primo, in cui la lava ha coperto antiche città, simboleggia la forza distruttrice della Natura, mentre il secondo, colpito da un’epidemia e per questo abbandonato, rappresenta la caducità dell’uomo e delle sue imprese: “dipinte in queste rive son dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive”.

I due paesaggi sono accomunati dalla presenza di un fiore, la ginestra, umile ma caparbia specie che continua a fiorire anche in mezzo allo sfacelo generale.

Successivamente Leopardi si rivolge con ironia alla gente del suo secolo e l’accusa di aver asservito, come accadeva nel Medioevo, il pensiero alla religione. Questo pensiero fugge la verità, perché troppo dolorosa, e sostiene una grandezza e perfezione umana che non è mai esistita e mai esisterà: infatti, chi, guardando un cielo stellato non si sente infinitamente piccolo al suo cospetto? L’uomo è un atomo rispetto alla Terra e questa è ben poca cosa rispetto al sistema solare e all’intero universo.

Il poeta sfida i suoi contemporanei con queste affermazioni, anche se sa “che obblio preme chi troppo all’età propria increbbe”.

Leopardi continua ponendo a confronto la concezione cristiana dell’uomo e la sua reale piccolezza di fronte alla Natura.

Ma è nei versi 111 – 157 che va ricercato il messaggio del recanatese: la vera grandezza dell’uomo non sta nella sua autocelebrazione, ma nell’accettare la sua piccolezza di fronte alla Natura. Solo allora potrà smettere di lottare contro gli altri uomini ed unirsi a loro per combattere un’unica battaglia contro la vera nemica comune: la Natura.

Tutto passa: uomini, città, regni, ma la “matrigna” Natura non se ne accorge: e pensare che l’uomo si vanta d’essere grande ed eterno!

Quel che ci vuol dire Leopardi è che dobbiamo prendere esempio dalla ginestra: essa, nonostante la furia della Natura, continua modestamente e tenacemente a fiorire mentre le opere umane sono votate alla distruzione.

La ginestra è il modello da seguire: lottando insieme gli uomini possono cercare di tener testa alla Natura e seppur sono destinati a soccombere per lo meno avranno vissuto una vita allietata da un vero amore fraterno:

“Nobile natura quella che grande e forte mostra Sè nel soffrire … e del suo dolor dà la colpa a quella che veramente è rea, che de’mortali madre è di parto e di voler matrigna. Costei chiama inimica e incontro a questa congiunta esser pensando, siccome è il vero, ed ordinata in pria  l’umana compagnia, tutti fra sè confederati estima gli uomini, e tutti abbraccia con vero amor, porgendo valida e pronta ed aspettando aita negli alterni perigli e nelle angosce della guerra comune”.

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