UOMO DEL MIO TEMPO

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero

i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

Quando il fratello disse all’altro fratello:

«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

Salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

(S.Quasimodo)

Questo scriveva Quasimodo nel 1947, nella raccolta poetica “Acque e Terre”, amareggiato e profondamente deluso dall’uomo civilizzato. E’ una constatazione dura, amara, ma estremamente realistica: l’uomo moderno non è molto diverso da quello delle caverne, anzi, se possibile, è peggiore. Mentre il primitivo uccideva perchè guidato dall’irrazionalità e dall’istintività, l’uomo di oggi maltratta e uccide i suoi simili guidato dalla razionalità e supportato dalle scoperte scientifiche e tecnologiche. Questa poesia è un atto di accusa contro la ferocia del mondo moderno, un mondo che sembra aver smarrito i sentimenti di solidarietà e rispetto nei confronti degli altri esseri umani. L’uomo contemporaneo è legato a quello primitivo e a quello medievale – crudele torturatore –  da una scia di sangue tracciata dal padre, mosso da rabbia, invidia e superbia nei confronti degli altri esseri umani. In ogni atto di cattiveria sembra rinnovarsi quell’episodio descritto nei vv. 11-12 “Quando il fratello disse all’altro fratello: andiamo ai campi”.

D’altro canto non dimentichiamoci che anche l’illustre Niccolò Machiavelli, tanto per citare un esempio, descrisse così gli uomini: ” perchè delli uomini si può dir questo:che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno e mentre fai loro bene, sono tutti tua, offeronti el sangue, la roba, la vita e’ figliuoli,quando il bisogno è discosto..ma quando ti si appressa si rivoltano e dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio! (Il Principe, cap.XVII).

Gli ultimi quattro versi della poesia sono un accorato appello del poeta ai suoi contemporanei: smettete di seguire l’esempio dei vostri padri perchè nei loro confronti non avete nessun obbligo morale, visto che vi hanno trasmesso un’eredità intrisa di sangue.

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