Così come alla fine di ogni anno si fanno bilanci, allo stesso modo all’inizio si fanno buoni propositi o ci si sofferma a pensare, con curiosità, a ciò che ci riserverà il futuro.
Chissà cosa avrà pensato centoventi anni fa l’eclettico Van Gogh mentre dipingeva alcune delle tele che lo avrebbero reso celebre per l’eternità…Chissà se immaginava, anche lontanamente,quanto i suoi girasoli o i suoi malinconici tramonti avrebbero rallegrato e commosso milioni di persone…
Sicuramente il geniale pittore pensava a tutt’ altra cosa: quegli ultimi mesi non erano stati facili per lui, ma del resto l’intera sua giovane vita era stata fino a quel momento un susseguirsi di delusioni.
Appena sedicenne era stato assunto dallo zio, che aveva una bottega d’arte confiliali a Bruxelles, Parigi e Londra e proprio queste grandi città furono le tappe dei suoi primi viaggi. Stanco di questa attività si licenziò e lavorò come insegnante,come commesso in una libreria e infine come predicatore laico in alcune miniere di carbone, nelle quali scoprì la miserabile vita che conducevano gli operai e ne condivise l’estrema povertà.
Non smise mai di dipingere, perché sentiva che quella era l’unica cosa che davvero lo appagava. Fu in quel periodo che iniziarono a manifestarsi i suoi scoppi d’ira incontrollabili e si verificarono i primi episodi di autolesionismo: per dimostrare alla cugina Kee, che lo rifiutava, il suo amore, si bruciò la mano sinistra per mostrarle l’intensità del suo sentimento.
In seguito andò a vivere con una prostituta alcolizzata e suo figlio, ma anche questa avventura finì male. Seguì una breve convivenza con l’amato fratello Theo,ma poi il pittore decise di cambiare aria, visti i frequenti litigi, e si stabilì ad Arles.
Siamo nel 1888.
In questa gradevole città Vincent alloggiò in una casa che dipinse di giallo (e rappresentò in una tela, “La casa gialla”, appunto),colore adatto a trasmettere al mondo esterno la sua ritrovata solarità. E simbolo di questo breve periodo sereno sono i girasoli, fiori molto amati dal pittore, che li raffigurerà in un ciclo di dipinti che li mostrano nelle fasi di fioritura e appassimento. Soggetti che ispirarono la creatività del pittore durante il soggiorno ad Arles non furono solo i girasoli ma anche il celebre Cafè di Place du Forum e gli splendidi tramonti della Provenza, resi ineguagliabili da una pennellata larga e violenta abbinata a colori accesi tra i quali spiccano gli onnipresenti giallo e blu e contorni marcati.
Quello stesso anno lo raggiunse ad Arles il suo amico Gauguin: purtroppo l’esperienza fu di breve durata in quanto, dopo un acceso litigio durante il quale Van Gogh aggredì l’amico, questi se ne andò e Vincent si punì tagliandosi il lobo inferiore dell’orecchio, che donò ad un’amica prostituta.
In seguito a questo nuovo episodio di autolesionismo il pittore venne giudicato schizofrenico e ricoverato in un istituto per malattie mentali. Una volta uscito fece un suo autoritratto con l’orecchio bendato ma da quel momento in poi le crisi e le allucinazioni si intensificarono sempre più finché,due anni dopo, il 27 luglio 1890, si sparò un colpo di rivoltella al petto mentre dipingeva in un campo la sua ultima opera: il suo atto fu, a tutti gli effetti, una liberazione da un mondo che non l’aveva mai compreso.
Fiumi d’ inchiostro sono stati versati da critici e specialisti per analizzare la presunta pazzia di Van Gogh e spesso il suo nome viene citato come fulgido esempio del binomio genio – follia, ma solo una cosa è certa: l’arte di questo solitario,pallido e piccolo uomo lo rende capace, a distanza di molti anni, di giganteggiare incontrastato nella storia umana e dell’arte.
Con la sua morte ha cessato d’esistere il Van Gogh uomo ma è nato il Van Gogh eterno del mito.