L’origine del nome “necroforo”, comunemente detto “becchino” (o “beccamorto”) risale al Medioevo. A quel tempo, in caso di presunta morte di una persona, veniva chiamato il “medico condotto”, il quale per verificare l’effettivo decesso usava infliggere dolore al deceduto. Il modo più comune utilizzato in quel tempo era un deciso morso inflitto alle dita dei piedi (quasi sempre l’alluce, il ‘ditone’ del piede).
Perciò nel dialetto del popolino il “medico” e col tempo chi praticasse questo nuovo mestiere, assunse il soprannome di “beccamorto”. Questa pratica infatti diede origine ad un vero e proprio mestiere.
La tradizione prevedeva che tale mestiere fosse tramandato dal padre al figlio maschio, ma verso la fine del Medioevo, accadde qualcosa che cambiò il futuro dei beccamorti.
Uno dei “beccamorti” più famosi non riuscì (per scherzo del destino) a concepire un figlio maschio; infatti la moglie partorì quattro figlie femmine. Il “beccamorto” per evitare l’estinzione del mestiere, ottenne dalla Chiesa una dispensa per poter tramandare il mestiere alla figlia maggiore, la quale dopo aver ricevuto la benedizione iniziò il suo lavoro di “beccamorto”.
Il caso volle che il suo primo morto fu un uomo al quale un carro aveva tranciato le gambe. La ragazza, indecisa su dove infliggere il morso, alla fine prese una decisione e nacquero così le moderne Pompe Funebri.